In genere non si considera quanto possa risultare straniante vivere in un paese straniero che non condivide le tue usanze e la tua cultura. I momenti di festa, che fatalmente perdono la dimensione collettiva, comunitaria, sono forse quelli in cui più dolorosamente si percepisce lo sradicamento. Tra il 16 e il 17 maggio è cominciato il Ramadan, il mese sacro per i musulmani: la nostra Khadija, con questa toccante testimonianza, prova a farci capire cosa significhi per molte/i viverlo lontano da casa.
il Ramadan è bellissimo: è un’esperienza indescrivibile e non comprensibile da chi non è musulmano.
Dà una sensazione di appagamento, di equilibrio, di grande comunione con gli altri. La privazione del cibo e dell’acqua, per quanto possa essere pesante nei mesi caldi, viene compensata con il fatto che quando si spezza il digiuno è sempre una grande festa. Non si sta mai da soli. Tutta la famiglia, i parenti, i vicini si riuniscono per pregare e mangiare assieme. Questo ti fa capire che gli altri sono con te, e tu non sei sola, non solamente in quella situazione ma anche nella vita.
Questo in Marocco.
Io qui a Bologna, però, lo vivo male. Non ho tutto questo. Il cibo che mangio, da sola, è lo stesso degli altri giorni. La harira, la profumatissima zuppa di legumi marocchina, e le altre pietanze tipiche del mese del Ramadan non ci sono. Non c’è l’ atmosfera fuori. La gente per le strade, nei mercati, nei negozi è diversa. Pensa ad altro.
Non sento neppure l’odore dei nostri dolci per le strade.
il Ramadan non è soltanto il mese del digiuno ma anche quello della preghiera, dell’allontanare pensieri cattivi, sentimenti negativi, maldicenze. Si prega. Si legge il Corano. Si celebrano le ricorrenze nei 30 giorni, come la notte della rivelazione. Per noi musulmani è anche un gran periodo per purificarci non solo fisicamente, eliminando le tossine accumulate con il cibo, ma anche per allontanarci dalle cose brutte della vita e metter un po’ di ordine nei nostri pensieri. E’ come una “pulizia” di tutta la persona.
Questo in buona parte riesco a farlo. Prego, leggo il Corano, cerco di controllarmi… ma sono sempre sola.
Mi piacerebbe condividere questi momenti con altri, come mi piacerebbe andare in Moschea. Ma questo è ancora più difficile. Come sono difficili e pesanti il lavoro e i ritmi che devi tenere in Italia.
Infatti in questi giorni sono proprio a disagio: mi gira la testa, non riesco a dormire bene con le continue interruzioni notturne tra una preghiera e l’altra. Questa notte mi sono addormentata alle tre ho dormito pochissimo e poi mi sono svegliata, ho mangiato uno yogurt ho fatto la preghiera… ma in pratica sono sveglia dalle 4 – poi non ho preso più sonno perché alla mattina dovevo recarmi al lavoro…
Khadija Chamcham