A Bologna, il 22 marzo 2019, presso l’Aula Giorgio Prodi di Piazza San Giovanni in Monte, si e’ svolta una conferenza sui Global Compact (uno sui migranti ed uno sui rifugiati). Con un mese di ritardo, vi proponiamo un articolo che prende spunto da questa conferenza; qualche parola sui patti in se’, e soprattutto sulla loro ricezione nel dibattito pubblico.
E’ forse proprio grazie al mese trascorso tra la conferenza e questo articolo, che mi e’ possibile parlare un po’ piu’ “da fuori”, fermarmi un secondo a pensare a come e’ stato discusso il Global Compact in questa circostanza.
Infatti, come emerge anche dai precedenti resoconti della conferenza, il messaggio fondamentale veicolato dai numerosi ospiti e’ stato relativamente unitario: i Global Compact sono il meglio che ci possiamo aspettare, e Salvini ha sbagliato a non voler firmare il Compact sui migranti (“patto internazionale per una migrazione sicura, ordinata e regolare”). Questa condivisione della posizione di fondo e’ particolarmente interessante vista la grande mole di critiche che da diverse posizioni sono state rivolte ai Global Compact. Ma cosa sono i Global Compact su migranti e rifugiati? In estrema sintesi, sono patti internazionali non-vincolanti che non affermano nessun nuovo diritto per i migranti (come l’ipotetico, molto chiaccherato, “diritto umano alla migrazione”), ma riuniscono in un unico testo i diversi diritti umani che la comunita’ internazionale riconosce ai migranti, con l’obiettivo di migliorare la cooperazione internazionale verso una piu’ efficace gestione del fenomeno migratorio.
Lasciando da parte per un attimo le piu’ conosciute critiche “da destra” che hanno portato diversi governi a votare contro questo patto o ad astenersi (v. mappa), e’ utile riassumere anche le principali critiche “da sinistra”, elaborate da numerosi attivisti ed accademici:
- Viene scritto per la prima volta in un accordo internazionale che esiste un obbligo da parte del paese di origine di accettare i “suoi” cittadini espulsi da altri paesi in quanto irregolari.
- Si approfondisce la divisione tra migranti regolari e irregolari (e la paura verso i secondi); nelle parole di Antonio Parenti (Delegato per Commissione Europea alle Nazioni Unite): “se si vuole una migrazione che e’ regolare, e’ chiaro che si vuole un impegno a contrastare la migrazione irregolare” .
- Si mantiene e stabilizza la falsa dicotomia tra rifugiati e migranti economici (e questi primi 3 punti combaciano con le usuali politiche europee sulla migrazione, tant’e’ che l’UE ha insistito per questi punti durante le trattative).
- L’adozione dei Compact permette di archiviare e seppellire per sempre la precedente Convenzione sui Lavoratori Migranti e le loro famiglie (meno condivisa, e molto piu’ concetrata sui diritti dei migranti).
- Vista la forte spinta dei Compact verso la raccolta e la condivisione tra stati di informazioni personali sull’identita’ dei migranti (soprattutto attraverso tecnologie biometriche all’avanguardia), manca completamente un’attenzione alla protezione dei dati personali dei migranti coinvolti.
- Quando proprio e’ impossibile il rimpatrio, suggerisce di risolvere le situazioni di irregolarita’ attraverso l’emissione di “carte di registrazione con cui si possa accedere ai servizi di base”, piuttosto che una regolarizzazione che permetta di accedere alla residenza, e con essa poi alle residuali prestazioni sociali che ancora spettano alla cittadinanza.
- auspica che vengano “aiutati a casa loro”, eliminando le cause strutturali della migrazione, e che si investano fondi per i paesi di partenza e di transito perche’ diminuisca l’immigrazione irregolare, che in pratica solitamente significa l’esternalizzazione dei controlli di frontiera al di fuori del territorio nazionale o continentale.
Se ho speso tanto tempo a elencare queste questioni non e’ tanto per attaccare i Global Compact, e quindi non mi addentrero’ nei loro lati positivi per riportarne un’immagine bilanciata e precisa. Piuttosto, l’esistenza di numerose questioni problematiche spiega perche’, da spettatore di un’intera giornata dedicata alla discussione dei Compact, mi aspettassi che le persone critiche che hanno organizzato, animato e partecipato a questa giornata affrontassero i Compact in modo critico (l’unico limite discusso estensivamente e’ stato il rischio che i Compact non vengano applicati quanto dovrebbero). Insomma, nel primo pannello e’ stato anche mostrato un bellissimo video della Caritas che, tra le altre cose, smontava benissimo la retorica dell’ “aiutiamoli a casa loro”, che invece permea numerosi punti del Compact sui migranti (ex. obiettivo n.2). Un’intervento di Michela Parenti, esperta della situazione in Libia, condannava accoratamente le politiche italiane di “contenimento dei flussi migratori” in Nord Africa, ma il testo del Compact sembra invece auspicarne un’ampliamento. Come ci spieghiamo questa dissonanza?
Non vorrei che il plauso generalizzato verso i Compact fosse dovuto ad un’istintiva resistenza a qualsiasi cosa faccia Salvini. Non vorrei che la posizione unitaria che emerge dalla giornata seguisse il processo logico opposto a quello che avevo semplificato nel secondo paragrafo. Non “i Compact sono il meglio possibile e Salvini ha sbagliato a rifiutarli”, ma forse “Salvini ha torto, e quindi i Compact sono il meglio”. E non sto certo difendendo le scelte di Salvini, ma neanche attaccando il rifiuto delle politiche leghiste in quanto acritico. Il problema non e’ l’automatico rifiuto di cio’ che arriva da una certa parte politica. Quello che temo e’ che stiamo facendo il loro gioco. Da sempre, una delle strategie politiche piu’ efficaci della Lega (in questo, d’ispirazione agli attuali partiti sovranisti e xenofobi nel mondo) e’ stata spararla grossa, alzare l’asticella con proposte o posizioni anche ridicole o impossibili, che pero’ finivano per trascinare l’intero dibattito pubblico sui loro temi, e verso le loro posizioni, in un fallimentare tentativo di opporsi al razzismo piu’ estremo sul suo terreno.
Gli esempi di questa strategia si sprecano, dalle proposte di “pulizia etnica controllata”, alle ordinanze sindacali di divieto di burqa e vu cumpra’, alle richieste di creare vagoni di treni e metro segregati per soli cittadini italiani. Piu’ recentemente, abbiamo visto una dinamica simile quando la scelta di sgomberare il Cara di Castelnuovo ha portato moltissime voci solitamente critiche a difendere questo luogo come modello di accoglienza virtuosa, improvvisamente dimenticandosi che invece in passato questo Cara era stato l’obiettivo di numerosissime campagne per la sua chiusura, in quanto un luogo di costanti e brutali abusi.
Nel caso specifico del Global Compact per una Migrazione Sicura, Ordinata e Regolare, non e’ semplice individuare la causa del rifiuto di Salvini di firmare questo patto. Che gli fosse impossibile accettare pubblicamente un qualsiasi tipo di diktat sovranazionale sui diritti umani dei migranti, che volesse mostrare nel campo dei diritti dei migranti la forza di una sovranita’ statale sempre piu’ fragile nell’economia, che fosse un momento buono per rendere visibile l’emergente blocco globale sovranista? Probabilmente tutti questi elementi sono presenti. Sembra comunque che le cause siano prevalentemente sul livello del “mostrare”, anche perche’ dall’analisi comparativa che il “Coordinamento Migranti” di Bologna ha svolto tra il contenuto del Compact e del recente DL Salvini, emerge che i due testi condividono molti elementi, e sono piuttosto compatibili (o complementari) dove non combaciano.
Se non possiamo apprezzare il Compact sui migranti semplicemente perche’ Salvini lo ha rifiutato, la domanda per la conferenza diventerebbe: ci piace? Se si’, perche’? Molti attacchi al Compact da diverse posizioni politiche hanno riguardato la sua relazione con lo stato, e infatti il testo riflette chiaramente lo sguardo dello stato (e i suoi bisogni di sicurezza, come affermato anche dagli accademici presenti alla conferenza, senza che questo avesse l’effetto di stemperare l’entusiasmo generale). Pero’, il Compact apre anche ad un approccio “whole-of society”, integrato tra tanti attori sociali. Come menzionato da alcuni degli amministratori locali presenti alla conferenza, questo apre possibilita’ interessanti per i governi locali.
Il problema e’ che per sfruttare gli spunti interessanti non e’ sufficiente nascondersi dietro al mantra di “sviluppare politiche basate su studi scientifici piuttosto che sui pregiudizi”. Questo linguaggio, che risolve ogni questione politica in uno scontro tecnico tra ignoranti e studiati, e’ evidente sia nel testo dei Global Compact sia in molte discussioni sul tema, ci hanno fatto notare durante la conferenza del 22 Marzo alcuni analisti (seduti accanto agli stessi inconsapevoli utilizzatori di questo linguaggio).
Piuttosto, per capire se questo patto internazionale puo’ essere utile, bisogna sporcarsi le mani con le questioni piu’ puramente politiche. Che tipo di politiche locali potrebbero essere sviluppate sulla base dei Compact? Nell’interessante esempio menzionato durante la conferenza, di partenariati regionali per canali di migrazione sicura da altre provincie mediterranee (es. Kef in Tunisia e Bessa in Marocco), in che modo i Global Compact aiuterebbero a sviluppare questi progetti, e invece che limiti imporrebbero? Solo partendo dalle politiche pratiche che ne conseguirebbero possiamo capire, ognuno secondo le proprie posizioni, se i Compact portano piu’ problemi che altro, o se invece davvero sono il terreno giusto su cui fare la guerra a Salvini.
Articolo di Gavriel Nelken