Comincia con questo post la collaborazione col nostro blog di Mariavittoria Basili, studente presso l’università della Danimarca del sud e attualmente in tirocinio curricolare presso Sopra i ponti, prima a Casablanca, e ora a Bologna. Mariavittoria ha fatto un passo che tantissimi giovani italiani prima o poi prendono in considerazione. Interessanti quindi le sue osservazioni “dall’altra parte”.
No, non è un post sugli amori adolescenziali, né un post in cui vi spiego come riaccendere la passione di coppia. Piuttosto, è il racconto (breve, promesso) di come emigrare al nord mi ha fatto innamorare del mio paese e della mia lingua. Andiamo con ordine…
La Danimarca è lo stato più piccolo e più a sud della Scandinavia ed è una monarchia parlamentare. La abitano circa 5 milioni di persone ed è vista come il paese in cui chiunque vorrebbe vivere. Infatti, dicono che sia uno tra i paesi più felici del mondo. Io non so se i danesi sono felici, ma posso dire che, se dovessi scegliere un paese qualsiasi in cui vivere, non sarebbe la Danimarca. Forse sarò io, anzi sicuramente sarò io, ma proprio non riesco a capirla.
Ho deciso di trasferirmi nell’amena località di Odense (Isola del Fyn) per proseguire i miei studi con una laurea magistrale in Middle East Studies. La decisione di partire è stata basata principalmente sulla gratuità dell’università danese insieme alla possibilità di avere un finanziamento statale per finanziare i miei studi e la sensazione che l’Italia mi stesse tarpando le ali: mi sentivo soffocata e volevo evadere, lasciarmi alle spalle un paese che ero convinta di odiare con tutta me stessa.
Mi aspettavo le difficoltà iniziali sia a scuola sia nella vita quotidiana: a volte perdevo un pomeriggio intero al supermercato cercando di capire cosa stessi comprando. Dopo poco, però, questi problemi se ne sono andati praticamente da soli. La cosa che non mi aspettavo però era di provare nostalgia di casa, quella quasi paralizzante che in arabo viene chiamata “ghurba”. Così, per sentirmi un po’ più a casa, ho iniziato a leggere sempre più spesso autori italiani, ad ascoltare canzoni in italiano, a cucinare piatti che sapevano di casa per me e il mio fidanzato. Certo, non era la prima volta all’estero, ma quando si viaggia con la sicurezza di un biglietto di ritorno è tutta un’altra storia. Quando parti con l’idea di restare, invece, hai bisogno di riferimenti certi, di qualcuno che sappia cos’è il soffritto e capisca la tua lingua così da far sapere al mondo che non sei sempre così impacciata come suoni, ma sai anche essere sagace e tagliente.
E cercando questi punti di riferimento ho scoperto che l’Italia non è solo code tagliate alle poste, politica corrotta e fanatici del calcio che non si accorgono dei problemi reali. L’Italia è casa, è la “r” arrotata, le tagliatelle al tartufo, le colline verdi e il mare tiepido; è i panni stesi al sole, il caffè sospeso, la colazione al bar dopo una serata in cui si è fatta mattina.
Insomma, sono dovuta emigrare per capire quanto amassi il mio paese e quanto fosse necessaria la mia presenza, la mia voglia di fare qualcosa di positivo per me stessa e per gli altri, per poter cambiare le cose che non mi soddisfano. Ovviamente, questo non significa che non veda più i difetti dell’Italia o che la Danimarca sia terribile. Semplicemente, vedo più criticamente e più positivamente i primi e ho capito che la seconda non era il mio posto, come invece credevo quando sono partita.
D’altra parte, ognuno arriva a capire cosa vuole nella vita con i suoi tempi e grazie ad un percorso diverso!