Gli eventi di questo mese di Ramadan 1440 (secondo il calendario islamico) o 2019 (secondo il calendario più diffuso) attestano il mese sacro per l’Islam come il periodo dell’anno più orientato al dialogo interreligioso e interculturale, all’incontro e allo scambio.
Ce ne ha dato un assaggio la nostra Meryem Nassereddine con il suo post della settimana scorsa sull’iftar (cena di ramadan) offerto alla cittadinanza di Castenaso la sera del 25 maggio, ma molti altri eventi si sono susseguiti, in città e non solo: il 18 maggio un altro iftar pubblico è stato offerto dalla comunità musulmana alla cittadinanza del quartiere Barca per iniziativa dell’associazione Le altre voci di Afkar, e per tutto il mese la rete tessuta intorno all’associazione Il Cerchio dalla Libia a via Libia ha garantito il pasto di rottura del digiuno a numerosi profughi siriani e africani. Per arrivare poi all’evento clou del mese sacro. l’iftar pubblico di via Torleone, in centro a Bologna, organizzato dalla CIB (Comunità Islamica di Bologna) la sera dell’1 giugno, con l’apporto di tantissime famiglie, commercianti, singole persone della comunità, che si è mobilitata non solo con donazioni ma con centinaia di volontari, giovani e meno giovani, permettendo di accogliere non meno di 6000 persone, dato che attesta l’evento come il più grande iftar d’Italia, almeno fin’ora.
Mi interessa notare come questa vocazione del mese sacro al dialogo e allo scambio sia fiorita spontaneamente dalla comunità musulmana residente in Italia e si configuri come una pratica inter/culturale di grande interesse in quanto rappresenta un tentativo – pienamente riuscito!! – di reinterpretare e tradurre in un contesto nuovo e difficile una tradizione e una pratica religiosa, culturale e – nel quadro della migrazione – identitaria. La pratica religiosa del digiuno rituale è, nei paesi islamici, strettamente intrecciata a pratiche di tipo caritatevole (non a caso è in questo mese, e tassativamente entro la sua fine, che i musulmani devono versare la Zakat, ossia la tassa religiosa che costituisce uno dei 5 pilastri della fede) improntate a sottolineare la tensione alla perequazione sociale fortemente presente in questo mese, per cui gli abbienti sperimentano la fame e la privazione attraverso il digiuno e i poveri vengono nutriti dalla collettività al momento della rottura del digiuno. E’ pratica comune a tantissime famiglie cucinare ogni sera cibo in più e potarlo alle moschee, dove i più poveri sanno che troveranno accoglienza e ristoro al tramonto. Frequentissimi sono i banchetti organizzati pubblicamente da istituzioni pubbliche e private affinché anche i più poveri possano degnamente spezzare il digiuno. Nel vissuto e nella coscienza di ogni musulmano/a, dunque, il mese di ramadan comprende una forte valenza di inclusione e condivisione accanto alla valenza religiosa e ‘di penitenza’ (si direbbe in termini cristiani) che la comunità spontaneamente sta, anno dopo anno, reinterpretando nel contesto della migrazione, come risposta al razzismo e all’islamofobia che ogni giorno di più diventano il pericolo numero uno da combattere.
Quest’anno a Bologna si è aggiunta una novità, su un’idea lanciata proprio dalla neo-eletta presidente dell’associazione Sopra i ponti, Fatima Edouhabi, e siamo pronti a scommettere che anche questa diventerà presto una delle nuove tradizioni interculturali che sempre più numerose caratterizzano il nostro paese, piaccia o non piaccia ai razzisti al governo e nella società. Si tratta dell’Aid al Fitr (festa di fine digiuno, che ha luogo il primo giorno del mese successivo al ramadan) dedicato ai più piccoli, ai ragazzini e alle ragazzine che hanno digiunato quest’anno per la prima volta. Non c’è infatti un’età precisa per cominciare a digiunare: fermo restando che, almeno in teoria, superata la pubertà tutti/e i/le musulmani/e dovrebbero praticare il digiuno rituale, il momento dell’ingresso del/la giovane in questa pratica, che si configura evidentemente come un rito di passaggio, è lasciato alla decisione delle famiglie e dei/lle ragazzi/e stessi/e e può variare molto da paese a paese, più precoce, in genere, in oriente, più ritardato in Marocco e nord Africa. Dappertutto, comunque è usanza che bambini e bambine si abituino a poco a poco digiunando dapprima qualche mezza giornata, poi qualche giornata intera per arrivare per gradi al digiuno dell’intero mese.
In Marocco è diffusa l’usanza di festeggiare in occasione dell’Aid al Fitr i ragazzi e le ragazze che hanno digiunato per la prima volta, con regali, premi, sfilate in abiti tradizionali, giochi e merende squisite, a sottolineare il loro ingresso nel mondo adulto, ed è un’occasione festosa che coinvolge anche i più piccoli, ansiosi di dimostrare anche loro la loro capacità di resistenza.
E’ questa usanza che la nostra Fatima ha proposto di reinterpretare proprio nel cuore del quartiere Bolognina, dove i banchetti interculturali sono già diventati tradizione grazie al comitato di residenti Concibò, con la festa che si è tenuta sabato 8 giugno in Piazza dell’Unità. Molte associazioni marocchine hanno aderito all’appello, come le associazioni Al Ghofrane, La Jeunesse Marocaine, Da3wa oltre a Sopra i ponti, ma soprattutto tantissime famiglie del quartiere, che per una volta hanno giocato il ruolo di padroni di casa offrendo cuscus, dolci e tè alla menta ai partecipanti grandi e piccini e ai passanti. I bambini sono stati premiati pubblicamente con un uovo di cioccolato per aver digiunato qualche giorno o qualche ora o in alcuni casi tutto mese ma soprattutto hanno potuto provare, per una volta, l’orgoglio per la loro diversità dallo standard di questo paese pur sentendosene pienamente cittadini.
Così, sotto pelle, una nuova generazione sta crescendo, una generazione dai riferimenti culturali molteplici e dagli orizzonti ampi, che piano piano e senza traumi sta rinnovando il paese.
Articolo di Antonella Selva