100.000 antirazzisti in piazza a Roma vorranno pur dir qualcosa!
Questo blog ha un focus culturale, per la precisione interculturale, non politico dunque, ma la manifestazione di sabato 10 novembre a Roma, che ha dato voce finalmente a un sentimento di sdegno molto più diffuso di quanto si pensasse nei confronti della narrazione razzista che dal governo tracima con esiti a volte drammatici nella società, è un fatto profondamente culturale, che mette i piedi nel piatto di un dibattito politico tossico.
I fatti: sabato a Roma si è svolta una manifestazione, contro il “decreto sicurezza” e più in generale contro la politica e la campagna di odio del governo verso i migranti, lanciata da una composita rete di gruppi e associazioni senza l’adesione e il supporto organizzativo e mediatico di grandi organizzazioni a carattere nazionale come Arci e ANPI o i sindacati confederali, né tanto meno dei partiti. In questo contesto obiettivamente in salita, il risultato stupefacente è stato l’adesione di oltre 480 tra gruppi, organizzazioni e associazioni da tutto il paese oltre alle sigle sindacali Cobas e Usi, una partecipazione “da grandi occasioni”, stimata in circa 100.000 persone, centinaia di pullman giunti dal nord e dal sud (che oltretutto hanno subito sistematiche quanto intimidatorie perquisizioni e schedature dalla polizia lungo la strada).
Anche la composizione era significativa, benché non sorprendente per chi avesse saputo prestare ascolto alle tante forme di reazione antirazzista da parte di cittadini comuni messe in atto da Lodi a Riace, Macerata, Vicofaro, S.Lorenzo a Roma e un po’ in tutte le città nelle ultime settimane: per la prima volta da oltre 20 anni a protestare contro razzismo di stato e discriminazioni sono scesi in piazza soprattutto italiani, anche se naturalmente la presenza migrante era importante e auspicata fin dal titolo che la variegata compagine di organizzatori aveva scelto: #indivisibili.
Presenti ma un po’ in disparte in fondo al corteo le formazioni politiche della sinistra, Rifondazione e Potere al popolo, più visibile lo spezzone dei Cobas e anche dell’Usi, poco presenti i centri sociali e collettivi (rappresentati forse solo dai giovanissimi delle scuole romane, dai napoletani di Je so’ pazzo e poco più), orgogliosamente presenti associazione 3 Febbraio e La Comune. Ma indubbiamente colpiva l’assoluta preponderanza delle tantissime organizzazioni portatrici di un radicamento locale: associazioni, singoli Sprar presenti con operatori e ospiti, inquilini e occupanti di case, genitori di Lodi contro l’apartheid nelle mense scolastiche e calabresi orgogliosi dell’esperienza di Riace, solidali di Vicofaro e giovani 2G, donne in nero, donne colorate, Ong dei salvataggi in mare, poi tantissimi insegnanti, comitati e gruppi di ogni genere e provenienza, tutti espressione di pratiche locali in cui la solidarietà, il riconoscimento reciproco al di là delle appartenenze e delle etnie è già una realtà.
Perché allora nessuna realtà di livello nazionale ha voluto sostenere l’evento – che è stato anche oscurato, per quanto possibile, dalla stampa nazionale (ma qualcosa comincia a emergere)? Probabilmente, in parte, da questi episodi di plateale incomprensione si può misurare il grado di distacco del centro sinistra dalla propria base: con gli occhi rivolti al passato non riescono a cogliere la domanda di senso, prigioniere dei sondaggisti di turno, hanno introiettato il dogma che a toccare l’immigrazione ci si brucia le mani e sono incapaci di cambiare paradigma, di vedere il cambiamento.
Inoltre, da parte di tutti, è molto difficile abbandonare le vecchie gelosie tra sigle e gruppi che rende così difficile realizzare un evento condiviso.
Questo è stato evidente a Bologna, più che altrove purtroppo, dove, a fronte di un fermento senza precedenti nelle settimane scorse, la partecipazione al corteo è stata deludente.
Nelle ultime settimane, infatti, ci sono state almeno almeno 6 assemblee pubbliche in città, tutte molto partecipate, promosse dagli operatori dell’accoglienza, da circoli Arci, dal Coordinamento migranti e da comitati di cittadini e operatori, oltre a iniziative di sensibilizzazione all’università, dove è stato analizzato il decreto-sicurezza in tutte le sue odiose conseguenze, e almeno due momenti di piazza in cui è stata gridata a gran voce la solidarietà con Riace e la condanna del decreto, inoltre la campagna Mediterranea saving humans sta avendo grande successo e ascolto.
Perché allora solo i Cobas si sono mobilitati per organizzare la partenza, mentre tutti i gruppi che hanno dato vita alle assemblee poi non hanno preso davvero in considerazione la scadenza?
Articolo e foto di Antonella Selva