Articolo di Leila Garsi sul Middle East Now e non solo
Finalmente. È la parola che più mi ha accompagnato mentre vivevo la versione digitale del Festival Middle East Now.
Finalmente voci protagoniste della trasmissione delle loro personali verità.
In Italia.
Finalmente.
Nel panorama odierno, in cui l’informazione di qualità fa sempre più fatica ad affermarsi come tale, un’iniziativa come quella del Festival Middle East Now risulta come un faro nella nebbia, per riconoscere ed arrivare ad empatizzare umanamente con un territorio raccontato quasi sempre attraverso lenti pregiudicanti.
Insomma, una rassegna importante e necessaria a liberare racconti e visioni di mondo soffocate dalla densa nebbia di disinformazione.
E non solo. Finalmente, chi nasce sul suolo italiano ma ha origini di altre terre può scegliere di non riconoscersi nei soliti immaginari imposti da chi vede solo il colore diverso della pelle.
Una scelta che libera e scagiona le nuove generazioni dal vedersi come soggetti su cui agiscono altri fattori e non come persone portatrici di valori altrettanto importanti nella loro indefinitezza culturale.
Con questa variegata rassegna si ha la possibilità di riconoscere le differenze tra il quotidiano italo-migrante e il quotidiano di persone con cui si condividono le origini. Passati simili ma futuri diversi.
Tra i documentari, i corti e i lungometraggi visionati quelli che più mi hanno impressionato sono Sunless Shadows e Selfie Zein.
Nel primo, viene raccontata un’esperienza di prigionia al femminile in Iran. Un documentario su donne e ragazze che scontano la pena per aver ucciso un familiare maschio. Un racconto e una narrazione delicata. Un punto di vista singolare. Voci che richiedono rivalsa e giustizia in un contesto sociale basato sul patriarcato. Un documentario sull’Amore al femminile, una testimonianza di valore nel panorama del Medio Oriente.
Il secondo, invece, segue una narrazione pop. Selfie Zein è un cortometraggio ambientato in Palestina. Racconta di una giovane donna, Zein, determinata a pregare nella moschea di Al-Aqsa dopo l’annuncio di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Interessante sia per come viene registrato ma anche per i simbolismi che vengono utilizzati nella narrazione di fondo. Dopo Sunless Shadows merita il secondo posto tra i preferiti.
Che altro dire, spero vivamente che questi filmati vengano condivisi su larga scala anche su altre piattaforme. Ne abbiamo molto bisogno. Ne ho bisogno io, in primis. Per ricordarmi che alla fine, non siamo altro che esseri umani, uguali nella fisionomia ma con sogni e obiettivi di vita diversi, condizionati dal contesto socioculturale in cui cresciamo.
Per questo, leggere, ascoltare, guardare ed empatizzare con altre storie mi è fondamentale per favorire il processo di definizione della mia identità. Chissà che la mia penna trovi una propria definizione.
Per ora, rimango bolognese con origini marocchine e tunisine, studente, bibliotecaria e attivista.
Un caro saluto,
Leila