Insegnare L2: dai banchi dell’università al mondo del lavoro

Clarissa è una giovane ragazza siciliana, trasferita a Bologna per frequentare il percorso di laurea magistrale in “Lingua e cultura italiane per stranieri“. Nonostante la titolatura lasci pensare che gli studenti vengano formati per diventare insegnanti di italiano, purtroppo Clarissa ha scoperto che non è esattamente così. Il piano formativo è infatti molto debole sul versante pedagogico, mancano corsi sul processo di apprendimento e su teorie dell’insegnamento, per non parlare della carenza di attenzione per gli aspetti della didattica che possano poi fornire le basi teoriche per un futuro insegnante nel momento in cui si dovrà rapportare con studenti molto diversi fra loro. Nel piano didattico della magistrale sono invece prediletti corsi di lingue e letterature straniere e una rosa di insegnamenti sulla cultura italiana (come “Cinema e studi culturali” o “Storia dell’arte contemporanea”).

Una volta insegnanti, potrà capitare di imbattersi in giovani studenti universitari stranieri che seguono un corso di italiano perché appassionati alla cultura della penisola, ma capiterà anche che ad imparare l’italiano siano invece  adulti con poca scolarizzazione alle spalle, o giovanissimi arrivati in Italia in fase adolescenziale che devono affrontare il difficile inserimento in un nuovo contesto, adulti analfabeti che hanno fretta di inserirsi nel mondo del lavoro, e tanti altre tipologie di studenti che necessitano approcci molto articolati. A sorprendermi di più del racconto di Clarissa, è che oltretutto gli anni di investimento di tempo, soldi ed energie per conseguire la laurea magistrale in “Lingua e cultura italiane per stranieri” non vengono neanche riconosciuti sufficienti per accedere all’insegnamento. Infatti per entrare nelle classe di concorso per il settore pubblico avrebbe dovuto conseguire ulteriori crediti in latino, un’opzione che invece  ha lasciato perdere per paura di bloccarsi e non riuscire a laurearsi in tempo. Mentre per quanto riguarda l’accesso all’insegnamento nel privato, la sua laurea di due anni non è comunque abbastanza, necessita di un’ulteriore certificazione (il Cedils o Ditals).


Insomma, non ci viene mai scordato che siamo in Italia! Il bello di un paese caratterizzato da una politica frammentaria, farraginosa e poco efficiente nel creare un ponte tra studio e lavoro, è che i suoi cittadini comunque non si lasciano scoraggiare, e si rimboccano le maniche per realizzare i propri sogni e per costruire qualcosa di diverso. E’ questo il caso di Clarissa, che nonostante si scontri con il limite di non poter lavorare in ambito pubblico e che un po’ sogna di trasferirsi all’estero per coronare il suo progetto di insegnare l’italiano come L2 in un contesto in cui la cultura italiana è valorizzata, tenta il suo shot a Bologna (perché al suo sud, invece, ha già in parte rinunciato). Ma è anche il caso di Arcoiris, un’associazione che, nonostante la precarietà di questo settore, sempre dipendente da bandi e finanziamenti incerti e costretto a servirsi di tirocinanti e volontari per coprire tutti gli incarichi, prosegue la sua strada per offrire ai migranti la possibilità di frequentare lezioni di italiano qualificate a costi accessibili.

E’ infatti presso l’associazione Arcoiris che Clarissa ha fatto le sue prime esperienze nel mondo del lavoro. Nel suo corso di laurea erano previste 180 ore di tirocinio, che Clarissa, come molte sue colleghe, hanno svolto presto questa associazione. Arcoiris è una scuola di italiano per stranieri che ha sede in via Azzo Gardino e altre strutture diffuse sul territorio.

La sua esperienza di tirocinio si è svolta l’anno scorso da gennaio a giugno, per la durata di un intero modulo di insegnamento. L’associazione organizza infatti i corsi di italiano in moduli, prevedendone uno autunnale e uno primaverile, in cui l’obiettivo è completare un livello (con riferimento alla scala di competenze riconosciuta in ambito europeo con le sigle A1, A2, B1, ecc.). Clarissa e altre due ragazze sono state le insegnanti di un gruppo di una decina di persone del livello intermedio A1-A2. Il genere era misto, le provenienze differenti (Senegal, Nigeria, Bangladesh, Russia…) e la loro motivazione altrettanto variegata. Erano presenti richiedenti asilo meno motivati, donne migranti fortemente appassionate, una giovane ragazza che era mossa dal desiderio di iscriversi al più presto all’università. Il percorso di insegnamento si basava su un manuale fornito dall’associazione, il quale proponeva unità didattiche comprendenti aspetti grammaticali e seguenti spunti per esercizi, a volte forse inadeguato per venire incontro ai diversi background educativi degli studenti (si pensi ad esempio al caso di studente analfabeta). In classe però, si era formato un gruppo affiatato e interattivo, gli studenti chiacchieravano tra loro e la mescolanza di provenienze a volte era il primo stimolo a mettere in pratica l’italiano al di fuori dell’esercizio. A fine anno hanno anche avuto l’occasione di organizzare due gite scolastiche, andando in una escursione esplorativa della città di Bologna, e in piena primavera a fare un picnic al Parco della Chiusa a Casalecchio, due momenti conclusivi e gioiosi di un percorso che ha intrecciato i percorsi di tutti questi ragazzi.

Nonostante il senso di impreparazione iniziale, il gruppo di insegnanti era motivato a sperimentare nuove tecniche di insegnamento e ad autoformarsi al fine di migliorare le opportunità ai loro studenti. Per quanto sia stato difficile e a volte emotivamente faticoso, per Clarissa questa esperienza è stata l’occasione per scoprire la sua passione per l’insegnamento.

“Finché si studiano teorie e si leggono parole sui libri tutto rimane astratto, ma vedere il miglioramento dei propri allievi e il legame affettivo che spesso si crea, mi ha dato molta fiducia in me stessa!”

Ed è grazie alla sua passione che Clarissa è motivata a proseguire il suo sogno!

Articolo di Lucia Imbriaco,
ringrazio Clarissa Lo Giudice, insegnante presso Arcoiris, per aver condiviso la sua esperienza.

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