Sabato e domenica la performance di danza urbana, Cent Pas Presque, ha invaso la città di Bologna. Il progetto è stato ideato dal coreografo Taoufiq Izzeidou, danzatore e pedagogo marocchino che ha fondato la prima scuola di danza contemporanea a Marrakesh, in Marocco. Si è trattato di una marcia, 50 corpi di tutte le età e le esperienze di vita hanno attraverso quasi cento passi nel pieno centro della città, in via Rizzoli, e nelle periferie urbane, in Piazza dei Colori, attirati da dieci musicisti che li richiamavano a sé. La quotidianità è stata interrotta, il tempo si è rallentato, lo spazio si è condensato in questo rettangolo, dove corpi danzanti hanno attirato la concentrazione dei passanti, per farli riflettere sulla città che viviamo e attraversiamo ogni giorno. Cent Pas Presque non è altro che una metafora alla vita: in un crescendo di musica, tensione ed energia, i danzatori hanno attraversato una strada che rappresentava la linea del tempo, un passato alle spalle, un presente nella massa che avanzava all’unisono, un futuro davanti da raggiungere, con faticosi passi, con danze inizialmente interrotte, spezzate, per poi diventare piene, vortici di energie. La partenza è stata quasi impercettibile, finché non è stato chiaro che dei metri si erano percorsi e i corpi incominciavano ad esplorare i propri arti. Tentativi di danze interrotte hanno seguito, per poi spostarsi, in una carica di energie maggiore, verso il futuro, uscite dal presente per guardarsi indietro, per scoprire cosa ci aspettava più avanti, per osare. Lo spazio è stato esplorato anche nella sua verticalità, alla scoperta del cielo con salti a singhiozzi, in lungo e in largo, cercando con tutte le forze di resistere alla gravità che ci radica a terra.
La linea di corpi siamo noi, abitanti della città, noi persone che condividiamo gli spazi ogni giorno, non conoscendoci, incrociandoci, scontrandoci. I corpi danzanti si incontravano a volte, condividevano un gesto, un movimento, una danza, per tornare poi al proprio io, all’esplorazione personale. In un crescendo di tensione che si accumulava, con l’energia dei compagni, degli altri abitanti del rettangolo, con la carica del passato, con la propulsione del futuro, il gruppo è scoppiato, è esploso. Ha abbattuto tutte le convenzioni temporali e ha invaso e riempito tutto lo spazio, in una danza gioiosa, per sé stessi, una liberazione che sconfinasse l’energia interiore verso l’esterno, verso gli altri abitanti del rettangolo, verso gli spettatori, verso la città. Finché non ha rotto anche i confini spaziali, e il rettangolo è stato scavalcato, per rendere lo spazio sacro che si era creato in uno spazio per tutti, uno spazio in cui i passanti incuriositi e gli spettatori affascinati potessero anch’essi far parte di questo viaggio. Viversi la città, in modo diverso da quello consueto, abituale, di cui è raro essere coscienti.
Questo era il concept che ha guidato i partecipanti di questo progetto. Gente di tutte le età e provenienze, ognuno con una storia di vita personale e una personalità peculiare da trasmettere attraverso il proprio singolare corpo, una danza fino ai confini delle dita.
La performance voleva far riflettere sullo spazio e il tempo, rallentare e improvvisamente velocizzare la quotidianità, tagliarla con questo flusso di corpi danzanti, voleva invitare gli abitanti a riprendere coscienza dello spazio e del tempo che viviamo ogni giorno, ogni secondo. Camminiamo quotidianamente in questi luoghi, ora facciamolo con una consapevolezza diversa.
On marche, bon voyage!
Per maggiori foto e video consultate la pagina Facebook Atlas of Transitions – Italia
Articolo di Lucia Imbriaco