Velo, simbolo di oppressione e libertà

L’incontro culturale è sicuramente un’occasione di arricchimento personale quanto collettivo, ma porta inevitabilmente con sé anche contrasti e scontri di pensiero. Le differenze invitano a riflettere sulle proprie concezioni e le proprie abitudini, costringendoci a metterci davanti ai nostri assunti e alle personali concezioni di normalità. A volte poi, quando si è lottato per ottenere dei diritti e per la normalizzazione di pensieri prima inconcepibili e sminuiti, è ancora più difficile lasciare entrare nel nostro sistema di pensiero delle alternative differenti.

La questione della donna e della donna velata è un esempio di questa complessità e delle criticità che uno scambio culturale porta intrinsecamente con sé: il velo come simbolo di oppressione della donna o come simbolo di libertà?

Forse l’errore sta proprio nella volontà di cercare un’univoca risposta che renda chiaro cosa è bianco e cosa è nero, che rischia di far cadere nella retorica che porta ad una gerarchizzazione di verità e di stili di vita. Più interessante è vedere cosa una ragazza velata si sente di dire sulla sua libera decisione di indossare un simbolo così identificativo di una religione minoritaria in una società a stampo liberale. Forse però, non è un velo a creare oppressione o libertà, ma lo è la possibilità o meno di poterlo indossare, la libertà di scelta di indossare un oggetto ricco di valenze culturali e identitarie, e di portarlo senza venir per questo osservati e giudicati, e soprattutto, senza doversi continuamente giustificare.

“Il velo è oppressione”


Questo mi sento continuamente dire. Ma che cos’è il Hijab (velo) esattamente per me? Per praticare il Hijab le donne musulmane devono coprire il loro corpo con abiti modesti che non rivelino le loro forme di fronte a uomini estranei. Il hijab non riguarda soltanto l’apparenza esteriore; riguarda anche la nobiltà di parola, il comportamento dignitoso e corretto. Va da sé che questi atteggiamenti siano richiesti anche per l’uomo. Non c’è nulla nel hijab che limiti la libertà di una donna musulmana ad esprimere idee ed opinioni, ad avere una proprietà, ad avere un’educazione e una carriera. Il hijab è un atto di dignità e onore che la valorizza e garantisce che una donna venga giudicata secondo la sua bellezza spirituale interiore piuttosto che per la sua apparenza superficiale. Il hijab libera ed eleva lo status della donna e richiede che essa venga considerata per il suo intelletto piuttosto che per la sua sensualità. La ragione per cui le donne musulmane adottano il hijab è semplicemente perché Allah (Dio) l’ha reso un atto di adorazione obbligatorio per esse ed Allah sa cosa è meglio per la sua creazione. Il hijab dà alle donne la libertà di essere membri attivi della società, pur mantenendo la loro modestia. Il hijab è da osservare in pubblico e le donne non sono tenute ad adottarlo anche quando sono a casa con le loro famiglie! Il hijab non è simbolo di repressione, oppressione o silenzio. È invece uno scudo che protegge dalle osservazioni degradanti, da avances indesiderate e da discriminazioni ingiuste. Di tutti i convertiti all’islam il 75% sono donne! Entrereste in una religione che vi opprime? Allora la prossima volta che vedete una donna musulmana sappiate che copre la sua apparenza fisica non la sua mente o il suo intelletto!

Articolo di Fatima Dounasser, con introduzione di Lucia Imbriaco

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