Ripresici dallo sforzo organizzativo, possiamo dire che la celebrazione della giornata della lingua araba con il convegno ‘Letteratura e fumetto arabi: finestre su mondi inquieti’ un primo risultato l’ha sicuramente ottenuto: far emergere, pur nel tempo troppo stretto per tanta ricchezza di proposte, un sapere umanistico diffuso nella comunità arabofona, una sensibilità artistica profonda e “altra” rispetto a quella autoctona, una ricchezza culturale che andrebbe meglio conosciuta e valorizzata e che indubbiamente costituisce una risorsa in più che viene regalata al nostro territorio.
Il giovane studioso Idriss Amid, autore di poesia in italiano e traduttore letterario dall’arabo, ha scelto di presentare il (da noi poco noto) personaggio di Mikhail Nuaime, scrittore e pensatore libanese esponente centrale della prima diaspora araba di inizio ‘900 – che ha avuto nella poliedrica figura di Gibran Khalil Gibran il suo elemento di punta. Attraverso Nuaime, Amid ci ha trasportato nel multiforme mondo della diaspora che, allora come oggi, offre un terreno privilegiato per ogni tipo di ibridazione e contaminazione, a cominciare da quella linguistica (Nuaime utilizza infatti arabo inglese e russo, avendo studiato in Ukraina e vissuto a New York dove fonda un circolo e una rivista letteraria con Khalil Gibran, e spesso si autotraduce da una lingua all’altra), per toccare inevitabilmente quella del pensiero;
Faiza Ouzrare, profonda conoscitrice della letteratura araba per passione, ha individuato il tema della critica al potere costituito come filo rosso che la attraversa, con particolare intensità dopo la nahda, il rinnovamento o rinascita culturale diffusosi dal XIX secolo nel mondo arabo, e individua il proprio bersaglio d’elezione nella corruzione e nella subalternità alle potenze coloniali da parte dei regimi arabi, nessun paese escluso potremmo dire;
Luce Lacquaniti ha poi aperto una interessante finestra sul mondo del fumetto arabo, mondo in pieno fermento ma anche quasi interamente underground, e proprio per questo particolarmente d’avanguardia. I fumettisti, infatti, proprio per il fatto di esprimersi con un linguaggio ibrido, che usa parole e disegni (non a caso una delle riviste presentate, libanese, si chiama Samandal– ‘Salamandra’, con un esplicito riferimento alla condizione anfibia) si sentono più liberi degli scrittori rispetto alla tradizione letteraria – gloriosa ma anche ingombrante, come spesso accade – e non hanno remore a rivendicare l’uso della lingua dialettale, non genericamente araba, quindi, ma nazionale o locale e ‘bassa’. Inoltre, proprio per la dimensione sotterranea in cui si muovono e per la distribuzione ridotta, riescono, meglio di altri media, ad aggirare la censura, politica e di costume;
Vi sono stati poi intermezzi poetici che hanno rivelato una vivace produzione femminile presente sul nostro territorio, con i drammatici versi di Hend Ahmed e Hajiba Redouane, che urlano le emozioni devastanti riportate da Hend al ritorno dal Cairo, nell’agosto 2013, dove era stata testimone della reressione e dei massacri perpetrati dal regime militare in piazza Tahrir, e i componimenti della marocchina Hind Berrada, che, accompagnata dal liuto di Said Acheqra, ha portato a Bologna la tradizione, popolare ma anche colta, del Jazal, un genere poetico dialettale che spazia dalla satira alla critica di costume all’attualità ed è tutt’ora molto frequentato in Marocco e tra i marocchini del mondo. Purtroppo, causa la tirannia del tempo, non è stato possibile dare la parola alla poeta marocchina Nezha Tammar, attrice dei Cantieri Meticci che ha al sua attivo la pubblicazione della raccolta di versi lirici Suonando le corde del desiderio.
L’artista calligrafo siriano Ahmad Jaddouh ha impreziosito l’incontro con una esposizione delle sue raffinatissime opere che integrano la tradizione della calligrafia araba con la lezione dell’astrattismo e ha dato al pubblico una dimostrazione live di calligrafia lavorando con calamo e inchiostri.
L’arte pasticcera delle vere arzdòure* marocchine ha concluso l’incontro.
Articolo di Antonella Selva
*arzdòura: ‘reggitora’, cioè massaia (dialetti emiliani e romagnoli)