No, non è un altro articolo sul campionato di calcio femminile. Con tutto il rispetto e l’ammirazione per le ragazze mondiali che prendono a calci i pregiudizi sessisti (e non hanno certo bisogno di un assist da parte nostra), vi voglio invece parlare di un evento sportivo molto più umile ma assolutamente degno di interesse. Un piccolo evento che è riuscito a collegare la dimensione di quartiere a quella internazionale e a coniugare in modo vero e sostanziale l’aspetto sportivo a quello educativo, che tanto spesso viene invocato ma altrettanto spesso vediamo in realtà soffocato da un’agonismo esasperato proiettato anche sui bambini, ai quali con disinvoltura si passa il messaggio che altro che partecipare, l’importante è vincere e farlo ad ogni costo, anche usando la prepotenza, l’insulto, le furberie o l’emarginazione dei meno prestanti, se necessario.
Stiamo parlando del torneo internazionale di calcio che si è svolto sabato 15 giugno presso il centro sportivo della società Ponevecchio, in piazza Atleti Azzurri (zona S.Ruffillo) a Bologna e ha coinvolto alcune decine di ragazzini tra i 12 e i 14 anni di Bologna e di Essaouira (Marocco) delle rispettive società Pontevecchio e Armila (al link un dettagliato reportage dell’evento con ampia documentazione fotografica e audio-video).
Se pensate che sia una cosa banale – dopo tutto quanti tornei amichevoli di calcio giovanile si disputano ogni settimana in ogni angolo d’Italia? – siete fuori strada, e citerò un solo elemento a dimostrazione: ottenere un visto di ingresso in Italia per una quindicina di preadolesenti maschi con cittadinanza marocchina e background popolare è già di per sé un piccolo miracolo. Sì perché i funzionari dei consolati italiani nei paesi di da cui provengono i flussi migratori – che sono pur sempre dipendenti di questo governo che ritiene (come i precedenti) opportuno lasciar morire in mare i profughi e considera ogni persona che vuole entrare in Italia un truffatore e profittatore fino a prova contraria – hanno chiara in mente questa semplice equazione: cittadino marocchino + maschio + giovane + povero = tenerlo lontano dalle frontiere patrie con tutti i mezzi. Quindi possiamo immaginare quale intenso lavorìo organizzativo si è svolto dietro le quinte solo per ottenere la principale precondizione necessaria a svolgere il torneo: la graziosa concessione da parte dello stato italiano del visto d’ingresso.
Ma poi viene tutto il resto: viaggio e soggiorno per 14 ragazzi e 4 adulti che li accompagnano (allenatore e dirigenti della squadra) hanno dei costi, e la squadretta giovanile di un quartiere popolare di una cittadina del Marocco è già molto se riesce a manutenere il campo sportivo, le famiglie, poi, non ne parliamo.
Se mettete in fila tutti gli ostacoli capite che il fatto stesso che l’evento si sia realizzato è di per sé un mezzo miracolo, ma se ci mettiamo il fatto che tutto è partito da basso, da un’idea e dalla passione di un papà, che è stata abbracciata dapprima dalla società sportiva dove gioca il figlio, che poi è riuscita a smuovere le autorità del Marocco e che nessun attore in questa azione ha agito per tornaconto personale, beh, possiamo dire di essere di fronte a un miracolo intero!
Ma partiamo dall’inizio. Il Sig. Said Assekour è il papà di un giovanissimo atleta della Pontevecchio calcio. E’ originario di Essaouira e si ricorda i tempi quando lui stesso da ragazzino giocava in un campo più adatto al tennis che al calcio dato che di erba non ce n’era neanche un filo ma solo terra rossa. Ha mantenuto i contatti con la sua squadra giovanile, gli piacerebbe che anche suo figlio la conoscesse da vicino e evidentemente la sua cultura sportiva è più improntata all’educazione che non alla competizione, per cui concepisce l’idea di un torneo internazionale amichevole tra le due squadre che possa rappresentare per i ragazzi di Essaouira una rara occasione di toccare il suolo d’Europa, per i ragazzi bolognesi un’altrettanto rara occasione di contatto diretto e concreto col Marocco e per i ragazzini marocchini della Pontevecchio (suo figlio non è ovviamente l’unico) una preziosa occasione di vedere Marocco e Italia su un piede di parità, com’è giusto che sia sul terreno di gioco.
Said ne parla ai dirigenti della società, che colgono al volo il valore dell’idea e, con l’organizzativismo tipico bolognese e il supporto del progetto PLAY a favore dell’integrazione e per la lotta contro il bullismo e le differenze di genere, si mettono immediatamente all’opera per costruire le condizioni dell’accoglienza a costo zero degli ospiti dal Marocco: saranno infatti le famiglie dei giocatori locali a ospitare i ragazzi marocchini per tre giorni, dal giovedì sera alla domenica, in prima fila le famiglie marocchine del quartiere ma sono numerose anche le famiglie italiane che non si tirano indietro.
Said parla con i compaesani “souiri” (ossia di Essaouira) che, consapevoli dell’opportunità irripetibile, si lanciano a cercare agganci e sponsorizzazioni per riuscire a coprire i costi di viaggio e soprattutto superare lo scoglio del visto. Nell’entourge della squadra qualcuno ha conoscenze in alto loco nell’amministrazione statale che vengono sfruttate per ottenere garanzie utili per il visto e una sponsorizzazione della compagnia aerea di bandiera, Royal Air Maroc, utile ad abbassare sensibilmente le tariffe dei voli. La quota rimanente viene raccolta tramite una colletta tra le famiglie marocchine di Bologna promossa dall’associazione Al Ghofrane del Pilastro.
E così il 13 giugno sera i giovanissimi souiri, emozionatissimi, sono sbarcati all’aeroporto Marconi dove li attendeva il pulmino della Pontevecchio calcio. Sul campo di S.Ruffillo erano state allestite le tende marocchine messe a disposizione dall’associazione Sopra i ponti che per 4 giorni hanno segnalato visivamente al quartiere l’evento internazionale in corso. La mattina dopo tour della città e pomeriggio di allenamento con partitelle amichevoli, sabato il torneo vero e proprio alla presenza anche di esponenti della FIGC e del vice console del Marocco, domenica mattina tutti insieme in piscina e pomeriggio allo stadio a vedere Italia-Spagna under 21 prima del ritorno ad Essaouira.
Già il venerdì sera, nella seconda pizzata comunitaria sul campo, i ragazzi marocchini facevano mostra di aver appreso molte parole italiane e i ragazzi italiani si divertivano a imparare quelle arabe con una naturalezza stupefacente. Nel frattempo, tra i dirigenti delle due società e alla presenza di molti genitori, si pensava già ad organizzare il torneo di ritorno ad Essaouira.
Piccoli eventi come questo non arrivano all’orecchio dei grandi media, ma siamo pronti a scommettere che si tratta di una realtà quotidiana e diffusa e ci restituisce un’immagine più autentica del paese e soprattutto migliore.
Articolo di Antonella Selva